Se gli scioperi del marzo 1943 che hanno
rappresentato un salto di qualità nella lotta di opposizione al fascismo, erano
caratterizzati da rivendicazioni economiche e salariali, quello generale del
marzo 1944 è invece uno sciopero politico contro la fame, contro la guerra e
contro il nazifascismo. Fu possibile metterlo in atto grazie all'attività
clandestina di uomini e donne, di operaie e operai, organizzati nei Comitati di
agitazione.
Quella formidabile protesta la “più grande
manifestazione di massa effettuata nell'Europa occupata dai nazifascisti” ,
come la definì il New York Times e Radio Londra, paralizzò l'intero territorio
italiano occupato dai nazifascisti.A Milano e nell'area industriale di Sesto
San Giovanni si fermano tutti i grandi stabilimenti dall'1 all'8 marzo 1944.Il
moto di protesta fu così forte che il “Corriere della Sera” non uscì per tre
giorni per lo sciopero dei poligrafici.
Scioperano pure gli impiegati delle banche, i
colletti bianchi.
I tranvieri milanesi scesero in sciopero e
paralizzarono la città. L'astensione dei tranvieri ebbe una risonanza mondiale
e fu citata dalla voce di Londra, dalla voce dell'America e da Radio Mosca.
I lavoratori
milanesi e sestesi pagarono duramente la partecipazione allo sciopero generale,
con la deportazione di centinaia e centinaia di operai nei lager nazisti.
Il riconoscimento del ruolo dei lavoratori italiani nella
lotta contro il nazifascismo è solennemente sancito dall'art.3 della
Costituzione, nel quale, fra l'altro, si legge: “E' compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
Roberto Cenati
- Presidente Anpi Provinciale di Milano